L’Ippovia Gran Sasso è una complessa scoperta di percorsi, mai toccati dalla produzione di strade asfaltate, in un sistema ad anello, intorno al Gran Sasso, che collega tantissimi luoghi che testimoniano la storia di mutamenti millenari dell’uomo e della natura.
Il filo conduttore di questi percorsi è certamente la Transumanza.
Molti riconducono la Transumanza agli spostamenti delle greggi dai pascoli estivi ai pascoli a ridosso del mare nei mesi invernali, o alla più ampia economia ovina regolamentata prima dai romani e, poi, dai Normanni fino alla cancellazione della regia Dogana di Foggia ad opera di Giuseppe Napoleone nel 1806.
La Transumanza, in realtà, è qualcosa di più ampio sia per collocazione storica e sia come concetto; come collocazione storica partiamo dalla Preistoria e come concetto è l’evoluzione dell’uomo nomade, in generale, che interviene sul territorio per migliorare e proteggere la propria esistenza.
L’attuale straordinaria bellezza del Gran Sasso, oltre a natura e bellezza di paesaggi, è il risultato di importanti cambiamenti, avvenuti fino al XIX secolo, per sostenere e sviluppare una fiorente economia agropastorale, e dei scarsissimi interventi dell’uomo a protezione di un territorio che non intende abbandonare per migrare verso i grandi centri urbani, ma che intende preservare per mantenere traccia del suo passato; il comportamento di questo uomo, viene descritto con un termine molto eloquente e radicato nella cultura di queste zone … “immota manet”.
La straordinaria immagine che viene ereditata dalle attuali generazioni è, dunque, quella di luoghi dove natura, Storia e tradizioni sono rimasti intatti, per rendere possibile uno straordinario viaggio nell’Ippovia Gran Sasso tra storia e natura.
Iniziamo questo meraviglioso viaggio utilizzando le parole di Rosanna Tuteri (Soprintenedenza per i beni archeologici D’Abruzzo):
Raramente si percepisce la distanza del tempo, quello antico appartenuto a diverse generazioni, che il mutare dei paesaggi rende a volte intuibile.
Le rete delle strade antiche, spesso ancora vissuta, può delineare l’evolversi dei processi storici che, passo dopo passo, hanno costruito la struttura culturale e la civiltà di una regione.
Lo scavo archeologico, nel suo indagare insieme lo spazio e il tempo, raggiunge il cuore di un uomo in cammino su strade e sentieri che si inoltrano nell’inconoscibile.
Le merci e i pensieri hanno percorso i tracciati viari e di questi traffici conosciamo spesso l’effetto: le strade ci forniscono l’immagine del passare, del trascorrere, azioni necessarie all’idea di permanere e dello stare.
Conosciamo realtà statiche, fissate nella realtà della nostra percezione puntuale del qui ed ora, ma spesso l’evoluzione degli eventi ci sfugge se non indaghiamo gli atomi delle cose, la struttura interna dei monumenti, gli strati della terra. Spesso monumenti e fonti letterarie hanno rappresentato e documentano il lascito volontario alla memoria perché divenisse storia , mentre i reperti e gli strati di terra rappresentano delle fonti involontarie di narrazione del vissuto: raccontano microstorie, puntellando uno svolgimento caratterizzato dalla discontinuità.
Le strade costruite, ristrutturate, razionalizzate, le strade che si sono adattate al territorio e quelle che si sono imposte sulla natura dei luoghi, raccontano una progressiva espansione della potenza romana nei territori d’Abruzzo, tanto che i fenomeni di romanizzazione e di costruzione di una rete stradale efficiente si identificano. Ma è anche vero che, in senso inverso, la percorrenza viaria introduce gli italici a Roma, tanto che si può parlare di Sannitizzazione del Lazio.
L’originalità dell’apporto italico e la stessa complessa identità dei popoli che abitarono l’Abruzzo antico, costruendo i loro primi percorsi viari, si manifestano nella serie infinita degli insediamenti posti lungo le strade: villaggi, città, santuari, complessi rurali e necropoli, alla luce delle scoperte archeologiche più recenti, raccontano storie di contatti antichi con popoli diversi oltre quello romano.
Il collegamento tra le aree settentrionali della penisola, abitate da Celti, Etruschi, Umbri, Piceni e quelle meridionali arricchite dagli orizzonti del Sannio e della Magna Grecia, poneva la regione Abruzzo al centro di scambi culturali tra le odierne aree europee e mediterranee: queste presenze di civiltà appaiono non improvvise ad illuminare una storia dimenticata, dove oggi la montagna costituisce barriera, e dove invece ieri una strada percorreva i pendii e oltrepassava i valichi. Spesso i piccoli paesi montani, oggi in via di abbandono, nascondono preesistenze monumentali e la ricchezza dell’Antico Abruzzo interno non ha confronti con la situazione attuale.
L’antico sistema viario ha impresso una struttura al territorio e ha dato forma ai paesaggi che vanno indagati con una prospettiva non più romano-centrica, ricercando l’identità di un territorio pur sotteso all’opera colossale che in età romana vide l’ammodernamento, e a volte la creazione, di una rete stradale come fattore di romanizzazione politica-amministrativa dell’esercizio del potere, di valorizzazione delle risorse, di creazione di infrastrutture.
La prima storica ispirazione di viaggio nell’Ippovia Gran Sasso è, pertanto, la scoperta di un antichissimo sistema viario costruito per il collegamento di uomini che si sono insediati nei territori del Gran Sasso nelle epoche preistoriche; moltissimi sono i siti preistorici che vengono attraversati o adiacenti all’ippovia.
(in giallo sono evidenziati quelli che sono attraversati o adiacenti ai percorsi dell’ ippovia)
Sandro Zenodocchio “Antica viabilità in Abruzzo”
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Scrive Sandro Zenodocchio :
“L’esigenza di pascoli per le popolazioni nelle aree interne dell’Appennino ha dato origine a tutta una serie di piste … cioè percorsi lungo i quali si svolgeva il complesso di cicliche migrazioni stagionali… tutte le piste che si inquadrano nel cd sistema tratturale, formatosi in epoca preistorica , restò pressocchè immodificato nel corso dei secoli.
Questi percorsi hanno successivamente, reso possibile l’espansione dei Sabini e l’insediamento del Popolo dei Vestini.
Quantunque attestata soltanto in tardo repubblicana romana, da fonti epigrafe e letterarie, la transumanza, nella parte centrale dell’Italia, possiamo avvicinarla al nomadismo stagionale degli antichi pastori della civiltà appenninica… Abbiamo notizie certe sull’allevamento transumante intorno al I secolo A.C. da Marco Terenzio Varrone (De Rustica), il quale descrive dettagliatamente l’andamento delle greggi tra la Sabina e L’Apulia e tra il Sannio e L’Apulia. La Transumanza fu irregimentata dall’Amministrazione romana che ne tutelò lo svolgimento nel II secolo d.c.
Nella zona del Gran Sasso, in epoca romana, la nascita di Amiternum (ubicata nel Ramo Ovest dell’Ippovia) e la nascita di Peltuinium (ubicata nel Ramo sud dell’Ippovia) sono le testimonianze storiche del cambiamento della Transumanza da nomadismo stagionale degli antichi pastori a libera e regolamentata circolazione di greggi e di prodotti dell’industria ovina sotto l’egida romana.