Il seguente articolo, liberamente tratto dal Blog “historiemedievali”, fornisce agli appassionati dell’Ippovia Gran Sasso, una giusta ispirazione di viaggio.
Il mondo e le abitudini descritte sono il sogno e la voglia di tornare indietro nel tempo che, amici e frequentatori del nostro sito, vogliono realisticamente vivere, nei percorsi dell’Ippovia Gran Sasso, anche a piedi e, perché no, anche in bicicletta.
Cari amici, l’Ippovia vi fa entrare in contatto con luoghi e ambienti in cui il tempo, rimasto sospeso, offre la straordinaria sensazione di una esperienza da viaggiatori del medioevo.
Liberamente tratto da www.historiemedievali.blogspot.com/
Come si viaggiava nel Medioevo e con quali mezzi? Oggi ve lo spieghiamo nel nostro nuovo articolo.
Di fronte alle difficoltà di trovare la strada in territorio poco familiare, i viaggiatori medievali pagavano guide locali che li aiutassero a spostarsi per via terrestre, o nocchieri locali che conducessero le loro navi vicino alla costa.
Chi nel medioevo si spostava, faceva anche affidamento sui “racconti di viaggio” (narrazioni di viaggi avventurosi fatti nel passato) per avere informazioni su terre lontane. Con molte opere che parlavano di viaggi, però, queste narrazioni erano spesso esasperate al fine di ricavarne delle buone storie, che a volte erano del tutto immaginarie. Non vi erano mappe, ma venivano elencati una serie di punti di riferimento, riportando le distanze che li separavano e si istruivano i viaggiatori su come spostarsi da un punto all’altro. In tal modo, questi ultimi erano sicuri di raggiungere la loro destinazione.
Per chi ama approfondire segnaliamo
I principali diari di Viaggio nella storia D’Abruzzo
- La vita in Abruzzo al tempo dei romani. Il primo viaggio di M. Glabrione per la quarta regione sotto il principato di Augusto. Da Tibur a Teate lungo la T. Valeria – di Luigi Mammarella – edito da POLLA i tascabili D’Abruzzo.
- In terra d’Abruzzi”. Il diario di viaggio di Serafino Razzi – Laura D’Angelo in Insula Europea 21/2/2020
Segue articolo
Le modalità di viaggio, lungo o breve che fosse, erano sostanzialmente due: via terra, a piedi o a cavallo, oppure a bordo di carretti e carri trainati da cavalli, asini, muli e buoi; oppure viaggiare sull’acqua, attraversando laghi, seguendo il corso dei fiumi o navigando sul mare. I veicoli trainati da animali erano estremamente costosi nel Medioevo. Infatti, un cavallo (palafreno) di qualità poteva costare anche l’equivalente di una odierna auto di lusso. La maggior parte della gente nel Medioevo era povera, pertanto si spostava a piedi. Questo limitava le distanze che si potevano coprire ogni giorno, considerando anche le strade pessime e sconnesse. Questi camminatori si equipaggiavano per il viaggio con robusti stivali di cuoio, spessi mantelli di lana (per tenersi al caldo e da utilizzare come coperte per dormire), cappelli a tesa larga (per ripararsi dal sole e dalla pioggia), e lunghi e robusti bastoni. Questi ultimi garantivano un appoggio quando si procedeva su terreno accidentato, e potevano essere utilizzati anche come armi di difesa.
A parte queste dotazioni essenziali, le popolazioni medievali viaggiavano leggere, caricandosi del minimo indispensabile per risparmiare energie. Portavano monete in una borsa di pelle o stoffa appesa alla cintura o al collo, per garantirsi maggior sicurezza. Il resto delle loro cose, una borraccia, un po’ di cibo, e magari una camicia pulita, venivano messe in un sacco sulla schiena, o riposte in una borsa di pelle, detta bisaccia, da portare a spalla. I ricchi viaggiatori medievali, invece, potevano permettersi di andare a cavallo. Cavalieri e nobili montavano i palafreni, magnifici cavalli dal passo costante, appositamente allevati per garantire una cavalcatura facile e confortevole. Gli scudieri montavano cavalli vivaci, detti trottatori. I servitori maschi cavalcavano i ronzini, cavalli grossolani, frutto di incroci, che erano spesso cocciuti o inaffidabili. Le ricche nobildonne cavalcavano all’amazzone, pony o piccoli, gentili animali detti cavallini spagnoli. Le servitrici cavalcavano all’amazzone e dietro un cavaliere maschio.
Se le donne erano anziane, o in cattiva salute, o incinte, si spostavano in lettiga (letti imbottiti, legati a stanghe poste tra due cavalli) o su carrozze ippotrainate. Queste lettighe non avevano sospensioni, solo un compartimento ove sedere sorretto da larghe cinghie di cuoio. Lettighe e carrozze avevano delle tende per garantire il calore e la privacy, ed erano imbottite per ragioni di sicurezza. Ciò nonostante, ondeggiavano e oscillavano in maniera assai scomoda. Era normale, quindi, che negli spostamenti sul terreno accidentato i passeggeri riportassero lividi e qualche escoriazione. Infine, la maggior parte dei carretti e dei carri medievali erano pesanti, ingombranti e lenti. Le loro ruote di legno e i cerchioni di ferro si rompevano con facilità su terreni rocciosi e affondavano facilmente, impantanandosi, nel fango. Dopo l’800 nuovi modelli di bardatura e l’adozione del timone per i carri fecero sì che la forza dei cavalli potesse essere sfruttata in maniera più efficace, e che potessero essere guidati con maggiore facilità. Cavalli, asini e muli venivano caricati anche di sacchi, borse o ceste, e utilizzati per trasportare carichi pesanti. Molte strade in tutta l’Europa medievale, erano inadatte al trasporto ruotato. Un singolo animale che trasportava del bagaglio, o un lungo “treno” di cavalli da soma che procedevano in fila indiana, poteva invece affrontare ripidi sentieri di montagna o stretti ponti, e farsi strada aggirando molti altri ostacoli.